Plasmix, da rifiuto plastico a combustibile alternativo

Chi pensa che il riciclo della plastica non produca scarti, allora non conosce il plasmix, un vero e proprio rifiuto che si crea eliminando gli oggetti non riciclabili dal processo di rigenerazione del polimero sintetico.

Con questi residui è possibile creare un combustibile alternativo utile per il recupero energetico in alcuni ambiti ben precisi. Solamente nel 2022, secondo i dai di Corepla, le tonnellate di plasmix utilizzate per creare energia sono state 437.854.

Che cos’è il plasmix e a cosa serve

Quando si parla di imballaggi, è bene sapere che non tutti possono essere sottoposti al riciclo della plastica.

Esistono infatti regole ben precise che ogni comune cerca di far rispettare per facilitare il processo di rigenerazione dei polimeri sintetici.

Per esempio, per alcuni materiali legati tra loro in maniera intrinseca (poliaccoppiati), a detta di Corepla ancora non esiste possibilità di riciclaggio, sia per questioni economiche che di mancanza di tecnologie idonee.

Questa situazione comporta la creazione di due differenti flussi: quello del regolare riciclo della plastica e quello del recupero energetico, alimentato dal plasmix.

Con questo nome si identificano gli imballaggi di plastica che si trovano nella raccolta differenziata ma che non possono essere riportati a nuova vita attraverso il riciclaggio meccanico.

Ecco quindi che, tutti quegli oggetti le cui condizioni e composizioni non sono idonee, vengono destinati a diventare combustibili alternativi e sono indicati con la sigla CSS (combustibili solidi secondari).

Lo scarto del riciclo della plastica

Il recupero energetico con il plasmix

Il plasmix ha un “potere calorifico inferiore”, indicato con la sigla PCI, che è simile a quello dei tradizionali combustibili fossili. È compreso tra i 18 e i 25 mega joule per chilogrammo (MJ/kg) e risulta ideale per essere impiegato in processi di combustione che generano energia.

Ecco perché, tutta la plastica che non può essere correttamente riciclata, viene destinata al recupero energetico e inviata a speciali impianti capaci di produrre il combustibile alternativo.

Questo prodotto viene poi utilizzato per alimentare numerosi impianti termici, come quelli dei cementifici e nei termovalorizzatori più moderni che operano con la massima efficienza.

Come si produce combustibile alternativo dalla plastica

Il ciclo del plasmix è abbastanza semplice. Una volta separato dai materiali idonei al riciclo della plastica, è spedito in appositi impianti dove viene triturato in granuli e poi deferrizzato, rimuovendo la presenza di eventuali residui ferrosi.

In seguito, un processo ottico elimina anche altri materiali estranei come il pvc, mentre il metodo aeraulico rimuove anche eventuali altri metalli. Un ulteriore fase di macinazione prepara il plasmix per essere definitivamente utilizzato come combustibile.

Come utilizzare il combustibile solido secondario derivato dal plasmix

Come anticipato, il plasmix è impiegato come CSS – Combustibile Solido Secondario e può sostituire il pet-coke, utilizzato normalmente per la cottura del clinker. Agisce quindi alla base nel processo produttivo del cemento, dove il plasmix è essenziale per alimentare il precalcinatore e il bruciatore principale del forno rotante.

Grazie al suo basso impatto ambientale, il plasmix consente un ingente recupero energetico e rappresenta un interessante combustibile alternativo, riconosciuto dalla legge a tutti gli effetti.

Il Decreto Ministeriale n.22 del 14 febbraio 2023 ne delinea gli indici qualitativi e i parametri da rispettare per essere definito EoW – End of Waste e per rientrare nella registrazione “ECHA” dall’Agenzia europea delle sostanze chimiche.

Plasmix-combustibile alternativo dalla plastica