Da sempre la luce del sole è sinonimo di vita, ma se viene associata alla plastica diventa purtroppo un mezzo per aumentare il suo potere inquinante.
Un recente studio ha infatti evidenziato come la plastica in mare esposta ai raggi solari, rilasci gas serra e diverse sostanze inquinanti.
L’insieme di questi elementi contribuisce all’acidificazione degli Oceani e a rendere meno ospitali gli habitat marini. Vediamo perché.
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Il potere della luce del sole sulla plastica
Le raccomandazioni di non lasciare bottigliette di plastica alla luce del sole sono ben note e mirano a prevenire un fenomeno conosciuto come migrazione. Il PET, se sottoposto a un surriscaldamento prolungato, rilascia infatti microplastiche che si disperdono direttamente nel liquido contenuto nella bottiglietta.
Ebbene, un gruppo di studio del Woods Hole Oceanographic Institute ha confermato che il processo di migrazione avviene anche quando la plastica è esausta, con conseguenze ben più dannose.
Fino a pochi anni fa, si pensava che l’azione della luce solare sui rifiuti fosse legata solo alla frammentazione. Il polimero sintetico surriscaldato rilascia infatti minuscole particelle impossibili da recuperare ed eliminare dagli ecosistemi.
Tuttavia, gli scienziati hanno appreso che la luce del sole trasforma anche chimicamente la plastica in mare, emanando una serie di gas serra e sostanze inquinanti disciolte in acqua.
Questa reazione produce decine di migliaia di composti solubili dalle strutture estremamente complesse.
La persistenza della plastica in mare
La trasformazione fotochimica della plastica innescata dalla luce del sole conferma l’ipotesi dell’ampia persistenza della plastica in mare. Secondo il paper di ricerca “ formulation is an emerging control of its photochemical fate in the ocean”, le buste di plastica che fluttuano negli oceani sono più dannose di quanto si possa pensare.
Anna Walsh, studentessa del programma in oceanografia chimica del Massachusetts Institute of Technology a capo della ricerca presentata al Woods Hole Oceanographic Institute, ha condotto delle approfondite analisi in questa direzione.
Dai suoi studi emerge che la luce solare induce una frammentazione fisica della plastica unita a un’alterazione chimica. Si producono così sostanze inquinanti che non assomigliano più al materiale di origine, ma hanno formulazioni molto complesse.
Collin Ward, co-autore della ricerca, afferma che gli additivi che compongono la plastica rilasciano migliaia di composti nelle acque, i cui effetti sugli habitat marini non sono ancora noti.
La plastica biodegradabile è meno sensibile alla luce del sole?
Lo studio americano mette in guardia anche dalle nuove formulazioni di polimeri sintetici con cui si fabbricano oggetti monouso e buste. La plastica a rapido discioglimento, anche se all’apparenza può sembrare risolutiva del problema, è comunque un veicolo di diffusione di sostanze inquinanti e gas serra.
La ricerca ha così analizzando quattro diversi sacchetti in plastica, che contengono additivi chimici, con delle pellicole in poliuretano puro.
Lasciati in acqua e all’azione prolungata della luce del sole hanno rilasciato tra le 5000 e le 15000 sostanze inquinanti dalle diverse formulazioni.
Si tratta di un dato preoccupante che porterà a una seconda fase di studio. Gli scienziati vogliono comprendere quali agenti chimici vengono dispersi in acqua dalle tipologie più numerose di plastica in mare.
Come risolvere il problema della plastica in mare
La situazione dei nostri mari è sempre più grave, con la sopravvivenza di numerosi habitat messa a dura prova da nuove sostanze inquinanti. Ecco perché è fondamentale ridurre concretamente l’utilizzo di oggetti plastici nella vita quotidiana.
L’associazione Liberi dalla Plastica è impegnata ogni giorno nella promozione di iniziative rivolte a scuole, Comuni e aziende, per sensibilizzare verso un cambiamento sostenibile.
Partendo dall’eliminazione delle bottigliette in PET, a favore di borracce riutilizzabili colme di acqua leggera e salutare, è possibile innescare un cambiamento positivo.
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